Ad un turno dalla fine della stagione regolare, la Stella Azzurra Roma è pronta a mettere anima e corpo nei playoff. Un anno fa i capitolini si trovarono con le spalle al muro, dovendo affrontare i playout per non retrocedere. Oggi la storia è ben diversa non solo per quello che riguarda i punti raccolti (per ora 36), ma soprattutto per il modo di giocare dei ragazzi di D'Arcangeli.
Dopo quanto successo nella passata stagione, vi aspettavate di arrivare ai playoff con così tanti punti e con delle vittorie notevoli contro squadre più blasonate di voi?
"Ormai sono alla Stella da tanti anni e dire se mi aspettassi questo risultato qualche mese fa è cosa complicata. Ovviamente credo nei nostri gruppi e nei progetti che decidiamo di portare avanti ogni anno, ma la verità è che non mi interessa troppo l'obiettivo finale visto esclusivamente come il raggiungimento di una certa posizione. Nel corso della stagione regolare abbiamo vinto partite che sulla carta erano proibitive ma se facciamo un confronto legato solo alla post-season l'anno scorso abbiamo lottato per salvarci, quest'anno siamo ai playoff; non cambia molto in questo senso. Ho sempre visto la mia figura di coach e il mio lavoro come un mezzo e non come un fine: crescere al meglio i ragazzi del gruppo per poi metterli in rampa di lancio in vista di palcoscenici più importanti, senza dover necessariamente passare da playoff o playout"
Immaginarla lontano dalla Stella è quasi impossibile, c'è mai stata l'occasione di intraprendere un altro percorso?
"Non ho problemi nel dire che in questi anni in cui ho lavorato con la Stella nessuno mi ha mai contattato per offrirmi lo stesso incarico che ricopro qui. Visto il mio ruolo all'interno della società e tutti gli impegni legati alla B e ai settori giovanili è difficile pensare che qualcun'altro possa chiamarti: attestati di stima ce ne sono stati, ma dall'altro lato c'è sempre stata la consapevolezza di conoscere il ruolo che ricopro ed è un punto fermo che rispettano tutti. Non potrei chiedere di meglio, sto bene alla Stella e non ho mai dovuto rendere conto di qualcosa a qualcuno; ormai vedo i miei ragazzi come dei figli"
Una delle peculiarità della sua pallacanestro è quella di far giocare i lunghi come fossero degli esterni, quando ce n'è la possibilità. Se dovesse scegliere un vostro marchio di fabbrica sarebbe questo?
"Il nostro marchio di fabbrica per eccellenza è la difesa, se proprio devo trovarne uno. Il basket non l'ho mai considerato una scienza e non ritengo ci siano dei particolari che si possano applicare a diversi gruppi di giocatori senza prima aver compreso le qualità di ciascuno di loro. Il fatto di far giocare i lunghi come degli esterni, e quindi avere la possibilità di tirare da oltre l'arco con tutti gli effettivi sul parquet, non è legato solamente al mio pensiero tattico ma principalmente perché ho una squadra che nel fondamentale del tiro da tre ha una percentuale di realizzazione intorno al 50%"
Fabio Bartolini
"Ormai sono alla Stella da tanti anni e dire se mi aspettassi questo risultato qualche mese fa è cosa complicata. Ovviamente credo nei nostri gruppi e nei progetti che decidiamo di portare avanti ogni anno, ma la verità è che non mi interessa troppo l'obiettivo finale visto esclusivamente come il raggiungimento di una certa posizione. Nel corso della stagione regolare abbiamo vinto partite che sulla carta erano proibitive ma se facciamo un confronto legato solo alla post-season l'anno scorso abbiamo lottato per salvarci, quest'anno siamo ai playoff; non cambia molto in questo senso. Ho sempre visto la mia figura di coach e il mio lavoro come un mezzo e non come un fine: crescere al meglio i ragazzi del gruppo per poi metterli in rampa di lancio in vista di palcoscenici più importanti, senza dover necessariamente passare da playoff o playout"
Immaginarla lontano dalla Stella è quasi impossibile, c'è mai stata l'occasione di intraprendere un altro percorso?
"Non ho problemi nel dire che in questi anni in cui ho lavorato con la Stella nessuno mi ha mai contattato per offrirmi lo stesso incarico che ricopro qui. Visto il mio ruolo all'interno della società e tutti gli impegni legati alla B e ai settori giovanili è difficile pensare che qualcun'altro possa chiamarti: attestati di stima ce ne sono stati, ma dall'altro lato c'è sempre stata la consapevolezza di conoscere il ruolo che ricopro ed è un punto fermo che rispettano tutti. Non potrei chiedere di meglio, sto bene alla Stella e non ho mai dovuto rendere conto di qualcosa a qualcuno; ormai vedo i miei ragazzi come dei figli"
Una delle peculiarità della sua pallacanestro è quella di far giocare i lunghi come fossero degli esterni, quando ce n'è la possibilità. Se dovesse scegliere un vostro marchio di fabbrica sarebbe questo?
"Il nostro marchio di fabbrica per eccellenza è la difesa, se proprio devo trovarne uno. Il basket non l'ho mai considerato una scienza e non ritengo ci siano dei particolari che si possano applicare a diversi gruppi di giocatori senza prima aver compreso le qualità di ciascuno di loro. Il fatto di far giocare i lunghi come degli esterni, e quindi avere la possibilità di tirare da oltre l'arco con tutti gli effettivi sul parquet, non è legato solamente al mio pensiero tattico ma principalmente perché ho una squadra che nel fondamentale del tiro da tre ha una percentuale di realizzazione intorno al 50%"
Fabio Bartolini