I due gironi di A Elite sono spaccati in due, a testimonianza di una netta superiorità delle "grandi" rispetto a chi viene dalla A. Il gap toglie imprevedibilità ed equilibrio al campionato, rappresentando un problema da affrontare e risolvere. Matteo Schiavone analizza la situazione e propone un'interessante cambiamento strutturale.
Il futsal femminile è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni, conquistandosi le attenzioni della divisione e di tutto il movimento calcettistico italiano, all’interno del quale ricopre ormai da tempo un ruolo tutt’altro che marginale. L’evoluzione è stata veloce e costante, ma oggi il campionato di Serie A Elite mostra dei limiti a causa dei quali si stanno generando nuove istanze di cambiamento tra gli appassionati e gli addetti ai lavori. Il riferimento è alla voragine che si è aperta nelle classifiche di entrambi i gironi, ciascuno dei quali è ormai suddiviso in due blocchi distanti 9 punti e appartenenti a due dimensioni inequivocabilmente distanti. Da un lato, infatti, ci sono quelle società che potremmo ormai definire “storiche”, munite di mezzi economici, strutture ed esperienza di un certo livello; dall’altro lato c’è invece chi conosce poco questa categoria e purtroppo non può neanche avvicinarsi ai budget e alle possibilità delle “grandi”, ritrovandosi a racimolare punti col contagocce e subire sconfitte con passivi talvolta pesanti. Molto interessante a tal proposito l’analisi di Matteo Schiavone, tra i precursori del calcio a 5 femminile, il quale riconosce il problema e auspica che le società più attrezzate possano collaborare per riunirsi in un “vero” campionato di A che includa tutto il territorio nazionale, abbandonando la suddivisione interregionale e raccogliendo in un unico girone le migliori realtà del paese.
Il futsal femminile è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni, conquistandosi le attenzioni della divisione e di tutto il movimento calcettistico italiano, all’interno del quale ricopre ormai da tempo un ruolo tutt’altro che marginale. L’evoluzione è stata veloce e costante, ma oggi il campionato di Serie A Elite mostra dei limiti a causa dei quali si stanno generando nuove istanze di cambiamento tra gli appassionati e gli addetti ai lavori. Il riferimento è alla voragine che si è aperta nelle classifiche di entrambi i gironi, ciascuno dei quali è ormai suddiviso in due blocchi distanti 9 punti e appartenenti a due dimensioni inequivocabilmente distanti. Da un lato, infatti, ci sono quelle società che potremmo ormai definire “storiche”, munite di mezzi economici, strutture ed esperienza di un certo livello; dall’altro lato c’è invece chi conosce poco questa categoria e purtroppo non può neanche avvicinarsi ai budget e alle possibilità delle “grandi”, ritrovandosi a racimolare punti col contagocce e subire sconfitte con passivi talvolta pesanti. Molto interessante a tal proposito l’analisi di Matteo Schiavone, tra i precursori del calcio a 5 femminile, il quale riconosce il problema e auspica che le società più attrezzate possano collaborare per riunirsi in un “vero” campionato di A che includa tutto il territorio nazionale, abbandonando la suddivisione interregionale e raccogliendo in un unico girone le migliori realtà del paese.
L’idea di Schiavone è sicuramente suggestiva, ma è lecito pensare che questo girone unico ipotizzato si presenterebbe come un campionato di “extraterrestri”, ovvero un raggruppamento di 8-10 squadre che si esprimano a un livello che rimarrebbe irraggiungibile per tutti gli altri. Schiavone articola dunque il proprio pensiero suggerendo di scongiurare questo possibile “classismo” attraverso una serie di investimenti mirati, volti a sviluppare i vivai e far crescere anche tecnici italiani in grado di valorizzare al meglio il capitale umano dei nostri settori giovanili e proporre delle innovazioni sul piano del gioco. È un’idea che chiederebbe tempo e impegno da parte di tutti, ma la veloce crescita di tutto il movimento nell’ultimo decennio insegna che una seria collaborazione, mossa dalla volontà di migliorare collettivamente, può rendere concreta anche la più apparentemente utopica delle suggestioni.
Cristian Barba