È un Ponticiello estremamente lucido quello che ha da poco terminato una cavalcata fantastica insieme alla sua Napoli. Lucidità che è stata probabilmente la miglior qualità del demiurgo partenopeo in questa stagione. In un ambiente partito tra l'incertezza e il timore generale, gli dei del basket hanno assistito a qualcosa di unico e probabilmente irripetibile. Le prime vittorie in stagione regolare, poi la qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia con successiva conquista del titolo, primo posto nel Girone C a fine anno e, dulcis in fundo, la promozione in A2 grazie alla vittoria con Bergamo. Qualcuno cantava "Save the Best for Last", e non c'è modo migliore per descrivere il finale di un'impresa straordinaria. Impresa sì, miracolo no. Perché quando si raggiungono tutti gli obiettivi possibili in pochi mesi, non sono il caso o la fortuna ad aver guidato il tuo percorso ma un progetto ben costruito. Un copione scritto nei minimi dettagli, diviso in atti equilibrati e con interpreti degni della migliore commedia di Goldoni. E chissà che il finale di questa storia, forse già scritto, Francesco Ponticiello non lo abbia immaginato in una calda sera di agosto. Quando nessuno aveva ancora costruito il carro.
Partiamo dalla fine: Montecatini, due partite da dentro-fuori. Come avete vissuto gli ultimi giorni di una fase Playoff così incerta ed equilibrata?
"Le gare con Orzinuovi e Bergamo sono state di fatto due spareggi. Nel primo caso abbiamo giocato con la mente più libera ma non ci siamo espressi al meglio soprattutto in alcune letture difensive; con Bergamo invece l'atmosfera è stata ben diversa. Più che una partita per la promozione diretta sembrava un play-out: con una sconfitta entrambe le compagini avrebbero perso una grande occasione. Fortunatamente è arrivata la vittoria"
A livello personale, professionalmente parlando, è questa la soddisfazione più grande della sua carriera?
"Indubbiamente. In una stagione in cui abbiamo vinto la Coppa Italia, terminato la stagione al primo posto e conquistato la promozione in A2 è difficile non considerarla tale. Direi che non sono l'unico ad essere soddisfatto però: i miei giocatori ci tenevano così tanto che alla fine si sono tatuati sulla pelle, per la prima volta in tanti anni di carriera, la testimonianza di quanto fatto"
L'ambiente partenopeo è uno dei più complicati quando si parla della palla a spicchi. Farlo ripartire praticamente da zero non era facile, eppure ci siete riusciti in pochissimo tempo. Si prende qualche merito personale?
"Prima di tutto bisogna dire che è stato Ciro Ruggiero a far partire la macchina, quindi senza di lui tutto questo non sarebbe potuto accadere. Per quello che riguarda la nostra squadra penso che vadano individuate alcune chiavi fondamentali che si possono reperire nella nostra capacità di assumere sin dal primo giorno una forma mentis che si basasse su un gran lavoro quotidiano. Il lavoro settimanale permette sempre di esprimersi al meglio in campo quando ci sono le gare che contano. A parole può sembrare un artificio retorico, ma la realtà è molto più pratica: significa lavorare sulla struttura tecnica con una certa progettualità. Abbiamo potenziato il gioco difensivo in autunno per poter esaltare il nostro gioco in contropiede e quasi sempre abbiamo avuto ragione. Ho individuato i meriti in tante componenti del team: i miei giocatori, gli assistenti e lo staff hanno fatto un lavoro incredibile sotto tutti i punti di vista. Personalmente mi prendo qualche merito, ma non credo nella figura dell'allenatore vate che costruisce tutto nell'immediato, bensì nella figura del coach come elemento che sa prendersi cura della squadra a tutti i livelli"
In fase offensiva Napoli è stata spesso paragonata, in questa stagione, alle squadre di Meo Sacchetti. Transizioni rapide che portano a tiri aperti, è d'accordo con questa lettura o nota delle differenze?
"Sono molto contento del paragone con le squadre di Meo Sacchetti per quello che riguarda il ritmo imposto durante la gara, ma credo ci siano delle differenze. Noi più che giocare un caos organizzato, so che Meo non si offenderà per questa definizione, scegliamo i ritmi alti per disciplinare l'istintualità dei giocatori senza necessariamente arrivare ad uscite fuori ritmo che, quando avvengono, sono un problema. Il match con Orzinuovi a Montecatini ha evidenziato proprio questo. Una nostra qualità è sicuramente il saper variare certi protagonismi e temi tattici in base al tipo di partite che dobbiamo affrontare"
In alcune partite decisive avete mostrato quello spirito da Underdog che spesso è prerogativa delle squadre vincenti. Non essere favoriti e dare tutto con voglia e umiltà sono state le chiavi del vostro successo?
"In realtà questa condizione mentale più che definirla dell'Underdog, che è la condizione in essere dell'outsider, è legata al concetto di Undeterred. Cioè colui che non si dà per vinto, colui che produce quell'esplosione di endorfine che sono fondamentali per vincere certi frangenti della partita"
Lei è uno dei maggiori conoscitori dell'ambiente napoletano. Adesso cosa succede?
"Direi che siamo in una situazione per tanti versi speculare a quella dell'estate corsa, per altri versi completamente rivoltata: come una clessidra a cui hai cambiato il senso. Prima era vuota e triste, ora l'abbiamo riempita insieme. La ricetta magica credo sia quella di ripartire dall'assoluta linearità dell'approccio. Non bisogna iniziare facendo voli pindarici, ma cercare di trasferire il progetto di luglio 2016 a giugno 2017, nel contesto dell'A2. Se pensiamo all'ambiente partenopeo la nuova categoria potrebbe essere vista come uno step per qualcosa in più, ma questo ci farebbe ricadere in alcuni cortocircuiti che ci hanno afflitto nel recente passato. Ci vorranno modestia d'approccio, energia e voglia soprattutto di fronte al nostro pubblico. Ovviamente non bisogna promettere eventi mirabolanti perché quanto fatto in questa annata, se portato al piano superiore dell'A2, è spaventosamente difficile. Siamo Napoli, è vero, ma non per questo dobbiamo veleggiare sin da subito con nomi altisonanti nelle parti alte della graduatoria. Dovremo lavorare con grande attenzione ed occuparci di ogni minimo dettaglio per fare le cose al meglio ma senza fretta"
"Le gare con Orzinuovi e Bergamo sono state di fatto due spareggi. Nel primo caso abbiamo giocato con la mente più libera ma non ci siamo espressi al meglio soprattutto in alcune letture difensive; con Bergamo invece l'atmosfera è stata ben diversa. Più che una partita per la promozione diretta sembrava un play-out: con una sconfitta entrambe le compagini avrebbero perso una grande occasione. Fortunatamente è arrivata la vittoria"
A livello personale, professionalmente parlando, è questa la soddisfazione più grande della sua carriera?
"Indubbiamente. In una stagione in cui abbiamo vinto la Coppa Italia, terminato la stagione al primo posto e conquistato la promozione in A2 è difficile non considerarla tale. Direi che non sono l'unico ad essere soddisfatto però: i miei giocatori ci tenevano così tanto che alla fine si sono tatuati sulla pelle, per la prima volta in tanti anni di carriera, la testimonianza di quanto fatto"
L'ambiente partenopeo è uno dei più complicati quando si parla della palla a spicchi. Farlo ripartire praticamente da zero non era facile, eppure ci siete riusciti in pochissimo tempo. Si prende qualche merito personale?
"Prima di tutto bisogna dire che è stato Ciro Ruggiero a far partire la macchina, quindi senza di lui tutto questo non sarebbe potuto accadere. Per quello che riguarda la nostra squadra penso che vadano individuate alcune chiavi fondamentali che si possono reperire nella nostra capacità di assumere sin dal primo giorno una forma mentis che si basasse su un gran lavoro quotidiano. Il lavoro settimanale permette sempre di esprimersi al meglio in campo quando ci sono le gare che contano. A parole può sembrare un artificio retorico, ma la realtà è molto più pratica: significa lavorare sulla struttura tecnica con una certa progettualità. Abbiamo potenziato il gioco difensivo in autunno per poter esaltare il nostro gioco in contropiede e quasi sempre abbiamo avuto ragione. Ho individuato i meriti in tante componenti del team: i miei giocatori, gli assistenti e lo staff hanno fatto un lavoro incredibile sotto tutti i punti di vista. Personalmente mi prendo qualche merito, ma non credo nella figura dell'allenatore vate che costruisce tutto nell'immediato, bensì nella figura del coach come elemento che sa prendersi cura della squadra a tutti i livelli"
In fase offensiva Napoli è stata spesso paragonata, in questa stagione, alle squadre di Meo Sacchetti. Transizioni rapide che portano a tiri aperti, è d'accordo con questa lettura o nota delle differenze?
"Sono molto contento del paragone con le squadre di Meo Sacchetti per quello che riguarda il ritmo imposto durante la gara, ma credo ci siano delle differenze. Noi più che giocare un caos organizzato, so che Meo non si offenderà per questa definizione, scegliamo i ritmi alti per disciplinare l'istintualità dei giocatori senza necessariamente arrivare ad uscite fuori ritmo che, quando avvengono, sono un problema. Il match con Orzinuovi a Montecatini ha evidenziato proprio questo. Una nostra qualità è sicuramente il saper variare certi protagonismi e temi tattici in base al tipo di partite che dobbiamo affrontare"
In alcune partite decisive avete mostrato quello spirito da Underdog che spesso è prerogativa delle squadre vincenti. Non essere favoriti e dare tutto con voglia e umiltà sono state le chiavi del vostro successo?
"In realtà questa condizione mentale più che definirla dell'Underdog, che è la condizione in essere dell'outsider, è legata al concetto di Undeterred. Cioè colui che non si dà per vinto, colui che produce quell'esplosione di endorfine che sono fondamentali per vincere certi frangenti della partita"
Lei è uno dei maggiori conoscitori dell'ambiente napoletano. Adesso cosa succede?
"Direi che siamo in una situazione per tanti versi speculare a quella dell'estate corsa, per altri versi completamente rivoltata: come una clessidra a cui hai cambiato il senso. Prima era vuota e triste, ora l'abbiamo riempita insieme. La ricetta magica credo sia quella di ripartire dall'assoluta linearità dell'approccio. Non bisogna iniziare facendo voli pindarici, ma cercare di trasferire il progetto di luglio 2016 a giugno 2017, nel contesto dell'A2. Se pensiamo all'ambiente partenopeo la nuova categoria potrebbe essere vista come uno step per qualcosa in più, ma questo ci farebbe ricadere in alcuni cortocircuiti che ci hanno afflitto nel recente passato. Ci vorranno modestia d'approccio, energia e voglia soprattutto di fronte al nostro pubblico. Ovviamente non bisogna promettere eventi mirabolanti perché quanto fatto in questa annata, se portato al piano superiore dell'A2, è spaventosamente difficile. Siamo Napoli, è vero, ma non per questo dobbiamo veleggiare sin da subito con nomi altisonanti nelle parti alte della graduatoria. Dovremo lavorare con grande attenzione ed occuparci di ogni minimo dettaglio per fare le cose al meglio ma senza fretta"
Fabio Bartolini