Soprannominato "Chocolate Thunder", per i numerosi canestri rotti con schiacciate di potenza. E' il primo giocatore della storia ad entrare al draft direttamente dalla High School. E' il 1975, quando Philadelphia lo chiama con la numero 5, in seguito il nativo di Orlando si trasferisce in New Jersey, prima delle ultime avventure NBA con Utah e Detroit.
A quel punto, nel 1989, comincia la seconda parte della sua carriera, il "periodo italiano", come fosse un artista. All'inizio Torino, poi Milano e a concludere l'A2 con Forlì. Lo ricorda bene Piero Millina, che proprio a Forlì lo ha allenato: "Darryl era una persona speciale, lo guardavi e faceva paura ma poi ci parlavi e sembrava un cartone animato, faceva mille smorfie. Non ha mai fatto andare via un bambino senza autografo, ricordo che una volta fece riaccendere le luci al palazzetto perchè c'erano dei piccoli tifosi che non avevano avuto il loro autografo". La Forlì di Millina con lui in campo ha un record di 6 vinte e 1 persa (a Sassari in volata), l'americano si infortuna e salta tre gare: tre sconfitte di 36 punti di media. Dopo un -51 a Reggio Emilia l'allenatore cambia metodi in palestra: "Feci mettere gli occhialini per non vedere la palla durante il palleggio, per allenare il ball handling. Johnny Rogers era entusiasta, vado da Darryl e guarda gli occhiali schifato, mi risponde 'No coach, no no no, I never see in my life, not in Nba', ci mettemmo a ridere entrambi".
Dal punto di vista tecnico era ovviamente Dawkins il punto di riferimento di quella formazione: "La prima volta che lo vidi gli dissi che non volevo in campo un totem, un monumento, ma volevo un capo, vivo. Lui mi ascoltò e mi chiese se ero sicuro, perchè gli allenatori mai avevano chiesto qualcosa di simile da lui. Non aspettava altro! Avevamo praticamente uno schema solo, palla in post basso a Darryl. Anche se non avevamo tiratori, con lui in campo tiravamo con il 42% da tre, poi siamo arrivati al 16% senza di lui". Quell'anno Dawkins aveva 37 anni e rimaneva comunque un incredibile professionista, anche se giocava con delle infiltrazioni. Il Millo ricorda bene quell'aspetto: "Dovevamo tenerlo fermo, anche il giorno di riposo era lì che si allenava, poi nel ginocchio sembrava avesse dei sassi, doveva per forza sottoporsi a cure e infiltrazioni. Poi oltre questo c'era il lato del personaggio ovviamente: arrivava in tuta la domenica e dopo la partita si metteva il suo vestito su misura, le scarpe eleganti, qualche migliaia di dollari di collane e anelli".
Non mancano nemmeno i racconti della sua esuberanza: "La moglie voleva far mettere un bidè nella loro casa negli Stati Uniti, ma lui rispose che non avrebbe fatto 'buchi' dentro la sua villa. Eh, era fatto così! Oppure una settimana prima di concludere la stagione viene da me e mi dice che sarebbe andato al Maccabi Tel Aviv, mi chiese se volevo andare con lui. Chiaramente gli dissi che ero pronto a partire proprio in quel momento. Finì che non ci andò neanche lui, l'affare saltò perchè non gli davano una Volvo, senza Volvo non se ne faceva niente. Dopo due settimane lui era negli Stati Uniti e io sul divano".
Il 27 agosto 2015, mentre era ad Allentown, Pennsylvania, un attacco cardiaco lo porta via: "L'anno prima che morisse mi arriva un messaggio da Andrea Iannilli, era una sua foto abbracciato a Darryl. Lui aveva un completo aragosta, in perfetta linea con il suo stile. Sotto l'immagine c'era scritto 'Dawkins della sua esperienza in Italia parla solo di te e di Guerrieri'. Era un giocatore inarrivabile, il più forte mai visto in Italia, ma molto poco capito e molto poco sfruttato. Per me fu un incontro fulminante, perchè incontrai la purezza del gioco!"
Cristiano Colagrossi